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Luppolo e birra: storia e curiosità di questo ingrediente

Il sapore amarognolo che tanto piace ai consumatori di birra deriva dal luppolo, che inoltre arricchisce l’aroma della bevanda e funge da conservante naturale in virtù delle sue notevoli proprietà antibatteriche. In alcune tipologie di birra si fa quindi un grande uso del luppolo, proprio per migliorarne la conservazione.
Il luppolo è una pianta rampicante che produce fiori a forma di ghianda. Scientificamente si chiama Humulus Lupulus ed appartiene alla famiglia delle Cannabaceae, cioè la stessa della marijuana. Non contiene però alcuna sostanza stupefacente, ma solo oli essenziali che conferiscono alla birra quell’aroma e quel gusto amarognolo e unico.

Storia e fioritura del luppolo

La coltivazione del luppolo è stata introdotta dall’800 d.C. e il paese pioniere fu la Germania. Mille anni più tardi la produzione del luppolo arrivò anche in Italia. Dalla radice si ramificano sottili fusti che possono arrivare fino a 7 metri di altezza. La fioritura avviene in estate, mentre l’impollinazione e la maturazione dei semi si completano all’inizio della stagione autunnale.
In Italia settentrionale una varietà selvatica piuttosto diffusa cresce soprattutto in prossimità di corsi d’acqua, boschi, pianure, siepi e anche montagne fino a 1.200 metri di altitudine alle giuste condizioni.

Come si usa il luppolo nella produzione della birra?

Il fiore essiccato della pianta femmina del luppolo viene utilizzato durante il processo di produzione della birra. Sotto le foglie è custodito un polline giallo che conferisce alla birra quel sapore così particolare: la cosiddetta luppolina.
Dopo essere stato essiccato, il luppolo viene sminuzzato e compresso per ottenere due diversi formati:

  • i plug: quadratini di foglie;
  • i pellet: piccole compresse di luppolo tritato.

Indipendentemente dalla forma, il luppolo viene usato durante la bollitura del mosto donando alla birra la sua caratteristica amarezza. Talvolta il luppolo viene lasciato in infusione anche durante la fermentazione della birra, processo chiamato dry hopping.

Le principali tipologie di luppolo

In base alla zona di produzione ed alle caratteristiche organolettiche, esistono varie tipologie di luppolo.
Tra i più diffusi c’è il Brewers Gold, coltivato in ogni angolo del mondo. Il Tettnang, molto gettonato nelle regioni tedesche della Renania e del Baden, si caratterizza per un sapore molto aromatico. A Monaco di Baviera nella produzione di birra si fa grande uso del luppolo Hallertau Millerfruh dal sapore floreale, che viene prodotto anche negli USA con un gusto molto fruttato. In Boemia è molto utilizzato il Saaz, noto anche come luppolo rosso e caratterizzato da un sapore particolarmente fresco.
Sbarcando in Gran Bretagna, altra nazione dove la birra è un’istituzione, troviamo due principali tipologie di luppoli: il Fuggle ed il Golding Canterbury. Il primo è originario della contea del Kent e si caratterizza per un gusto molto amaro e dalle note fruttate. Ne esiste anche una versione americana, dalla fragranza profumata, chiamata Cascade. Il secondo invece si presenta con un sapore ruvido e citrino.

Bisogna poi fare un’ulteriore distinzione tra luppoli utilizzati in purezza ed in assemblaggio. Nel primo caso si sceglie una sola tipologia di luppolo per la produzione di una birra specifica; nel secondo caso invece si possono usare diverse tipologie di luppoli per dare vita a varie famiglie di birre.

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